sabato 7 luglio 2012

DI COME IL BAMBINO, DIVENTATO ADULTO, DISTRUSSE IL MONDO CON UN BOTTONE.


IV

DI COME IL BIMBO ORA CRESCIUTO SCOPRÌ LA SUA SOLITUDINE E NON VOLLE PIÙ ESSERE SOLO



Durante l'adolescenza ti si confondono le idee, il mondo è tutto un gran caos, tutto sembra vero solo in parte, in parte sempre sbagliata.
Gli adolescenti sono insicuri, impauriti, persi.
Il nostro bambino non era diverso, il giorno che diventò adolescente cominciò a sentire una sorte di frenetica ansia al centro del petto, che man mano si ingrandiva, prendeva i polmoni, lo stomaco, i reni e poi il cuore.
Quando l'ansia lo prese al cuore pensò di aver mangiato la polvere. Non lo aveva fatto.
L'adolescenza è un po' come la polvere, incerta, volatile, sfuggente ma sempre presente. Molti non sopravvivono più all'adolescenza, proprio come non si sopravvive alla polvere.
Nel mondo dei grandi blocchi dei potenti l'adolescente si sente piccolo,impotente.
L'adolescente è lanciato, solo, in un mondo che non conosce, e si sente abbandonato.
Quelli che sopravvivono alla polvere dell'infanzia non sempre sopravvivono a quella dell'adolescenza.
In tanta povertà, l'eco del pensiero umano riecheggiava ancora, ma non nelle teste di automi non più abituati a pensare, che non si chiedevano più quale fosse il motivo della propria esistenza, esistenza alla quale rinunciavano spesso a favore di una più semplice via d'uscita costituita dalla polvere.
L'eco del pensiero viveva ancora nelle teste non ancora troppo rassegnate di alcuni adolescenti, come in quella del nostro bambino.
Il bimbo non più bambino, ora, non percepiva ancora la solitudine, ma sentiva l'assenza di qualcosa, in fondo allo stomaco gli mancava qualcosa.
Erano le altre persone, ma non lo capì subito.
Lo capì solo un giorno che non ne poteva proprio più. La mancanza di qualcosa che non conosceva aveva cominciato a corrodergli le ossa, a fiaccarlo. E paradossalmente lo incuriosiva.
Decise per la prima volta di avvicinarsi a qualcun altro per capire cosa fosse, incapace di analizzare autonomamente il fenomeno, completamente ignaro del male dell'adolescenza.
Capire non fu facile, si avvicinò a molte persone, tutte rassegnate, che non sapevano dire nulla, non sapevano spiegare, nessuno si poneva più certe domande, tutto era così e basta. Tutto era assioma.
Il bambino non più bambino continuava a girare per deserti tutti uguali, tra fantasmi del presente che non avevano più parole.
Scorse poi qualcosa da lontano, era insolito, raro, ne aveva sempre solo sentito parlare, qualcosa che pensava potesse appartenere soltanto ai potenti.
Eccola lì, in lontananza, davanti ai suoi occhi, una casa.
Decise di avvicinarsi, lentamente. Il sole dall'alto bruciava la terra e la carne, la polvere volava via e rendeva l'aria pesante più di quanto già non fosse. E dava a quella casa un'aria più antica di quanto non l'avesse già di per sé.
Fuori dalla porta c'era qualcuno, una persona, che teneva fra le mani un oggetto del passato, un libro. Era una donna anziana. Si chiamava Sofia.

giovedì 5 luglio 2012

DI COME IL BAMBINO, DIVENUTO ADULTO, DISTRUSSE IL MONDO CON UN SOLO BOTTONE.


III


DI COME IL BIMBO NON SI ACCORGEVA DI CRESCERE ED IL MONDO DEGLI ADULTI LO TOCCÒ.



Come in tutte le grandi guerre, c'è chi è più forte e chi lo è di meno, o meglio, c'è chi è più ricco e chi lo è meno. Fatto sta che i più potenti avevano eliminato quelli un po' meno potenti e si erano presi tutto, e gli altri uomini non avevano proprio nulla.
Incredibile come un oggetto di valore puramente nominale possa avere un così alto controllo sulle persone, soggiogate e schiacciate, in fine, da esso.
La popolazione mondiale era drasticamente diminuita per molti motivi: oltre ai morti che la guerra provoca direttamente, ci sono le malattie, marciate da un capo all'altro del mondo, nascoste in seno agli eserciti, e la terra, arsa dalla cattiveria di ogni uomo bramoso, aveva deciso di non produrre più, e di lasciare che tutti morissero di fame.
Tra la popolazione vigeva un tale senso di rassegnazione che ai bambini non si badava più, come non lo si faceva per se stessi.
Si era abbandonati, cullati, trascinati dall'onda degli eventi, incapaci di poter fare qualunque cosa.
I bambini, appena messi al mondo, erano già ben lontani da esso, ma per sempre, e abbiamo modo di credere che questa sia stata l'ultima ondata di nascite prima della fine.
Così era anche il nostro, di bambino. Solo, rassegnato, abbandonato a se stesso per la strada, a giocare con i ciottoli e a mangiare la polvere per non pensare. Ma lui la polvere non la voleva mangiare, con gli altri bambini non si trovava bene. Lui non voleva morire come gli altri.
Sì, lui aveva un'inspiegabile ed irrefrenabile voglia di vivere, ma non lo sapeva ancora.
Non aveva mai conosciuto un mondo diverso, e si accontentava di questo, e non gli dispiaceva.
Il nostro bambino trovava in tutto schemi semplici che lo affascinavano; apprezzava le cose semplici, amava osservarle, studiarne e capirne il significato, l'utilità, la natura.
Il tempo poteva lasciare immutato il suo aspetto interiormente, ma non era lo stesso per la sua età.
Osservando le cose, i sassi e i cuori ed i fegati seccati, il bambino divenne un adolescente senza neanche saperlo.
Durante l'adolescenza il mondo intorno a noi si fa un po' più serio, un po' meno giocoso. Nell'adolescenza facciamo un primo passo verso i vizi dell'età adulta, scopriamo il nostro corpo mentre cambia.

Inevitabilmente, quando si cresce, si viene intrappolati nella tela della psicologia dell'uomo, nel meccanismo malato dell'avere e del potere, in modo impercettibile, quasi naturale.
Cominciamo ad interessarci a ciò che ci circonda, a coltivare delle ambizioni.
Cominciamo a sentire più forte il bisogno dell'altro.
Quando il bambino scoprì la solitudine non volle più restare solo.

martedì 3 luglio 2012

DI COME IL BAMBINO, DIVENUTO ADULTO, DISTRUSSE IL MONDO CON UN SOLO BOTTONE.


II

DI COME GLI UOMINI GIÀ ADULTI AVEVANO DISTRUTTO IL MONDO



Quando si è bambini si prova orgoglio e gelosia per piccoli oggetti, giocattoli, libri, sassolini o conchiglie.
Succede che però, quando si cresce, crescono anche le dimensioni di ciò che desideriamo, di ciò che suscita in noi orgoglio e gelosia.
Negli adulti i desideri sono i più strani, i più tremendi, e talvolta anche ricorrenti.
Ci furono adulti che vollero uccidere tutti quelli che appartenevano ad una determinata “razza”, dove non so spiegarmi, e spiegarvi, cosa significhi esattamente questo termine.
Alcuni, vollero unificare grandi porzioni di terra sotto l'insegna di un ideale, poco chiaro a loro per primi.
L'oggetto del desiderio però più gettonato è sicuramente il denaro, costituito da pezzetti di metallo e fogli di cotone. Materialmente parlando, è un desiderio piuttosto infantile.
Il denaro è un oggetto talmente banale e comune che non conta più averlo fisicamente tra le mani, ma basta la consapevolezza di un numero luminoso sul monitor del computer di una qualunque banca. Il denaro dà agli adulti sicurezza.
Tutto quanto è basato sul denaro, senza non si vive più, allora è bene averne sempre di più, sempre di più. Giusto per star tranquilli.
Il denaro, o meglio, il possesso da parte di un singolo di una gran quantità di questi piccoli oggettini, che per la loro banalità non avrebbero mai attirato la sua attenzione di bambino, fa scaturire un'altra tanto piccola quanto banale ossessione: quella del potere.
Se ammettiamo infatti che tutto si basa sul denaro, tanto più denaro possediamo quante più cose possiamo fare. Da qui il “potere” in quanto possibilità, si trasforma in vera e propria potenza, come sinonimo di forza. Questa sovrabbondanza di potere nelle mani di un singolo dà vita ad una gerarchia nel genere umano, dove chi possiede più denaro è superiore a chi ne possiede di meno o non ne possiede affatto.
Questo meccanismo è alla base del processo di forte degrado che ha colpito il nostro pianeta, il pianeta del nostro bimbo, il pianeta degli uomini. Un pianeta di polvere e sangue, di lotte e di guerre, di persone poche e rassegnate, e soprattutto di automi.
Raggiunto il potere l'uomo adulto non si accontenta e vuole di più. Talvolta siamo spinti da un'ambizione talmente forte che, raggiunto uno scopo, dobbiamo immediatamente prefiggercene uno più grande, più tremendo, più spaventoso.
Il potente ora scopre un altro tipo di potere, non più il denaro, ma un suo derivato, qualcosa che dipende strettamente da esso: il potere sugli altri esseri umani. Il potente ha quindi bisogni della proprietà su cose e persone, e riesce ad acquisirla proprio grazie al denaro.
I potenti sono adulti un po' più bambini degli altri e degli stessi bambini, sicuramente molto più pericolosi. Sono in grado di scatenare guerre per delle sciocchezze, ed è proprio questo che è accaduto qui. Volendo sempre di più i potenti hanno cominciato a farsi la guerra, a eliminarsi a vicenda, ognuno con il solo scopo di eliminare tutti ed ottenere il potere su ogni cosa, su ogni persona presente sul pianeta. Di ottenere la proprietà del pianeta stesso.
Le guerre poi vengono giustificate con motivi più o meno credibili, ma sono continue, non finiscono mai.
È dunque questa continua ed onnipresente guerra ad aver fatto del mondo un deserto. È la guerra che spinge i bambini a mangiare la polvere e morire. È la guerra ad aver cancellato tutto.
Il guaio è che non c'è più via d'uscita: gli adulti si fanno la guerra anche per potersi far guerra.

DI COME IL BAMBINO, DIVENUTO ADULTO, DISTRUSSE IL MONDO CON UN SOLO BOTTONE


I

DELL'INFANZIA DEL BAMBINO E DEL BOTTONE.



Il bimbo senza patria, senza nome, senza storia, giocava un giorno per la strada, mischiando i sassi ai fegati e ai cuori degli altri bambini, e questi cuori e questi fegati, per la loro durezza, si confondevano con le pietre.
I cuori dei bambini si erano inariditi per la polvere che per gioco mangiavano per strada.
I loro cuori si erano talmente seccati da farli morire tutti.
Ma il nostro bimbo, innocente, incosciente, giocava con i loro corpi come bambole, e mischiava, e mischiava quei cuori duri con le pietre fino a perderli.
Fu così che giocando e mischiando i sassi, i cuori e i fegati seccati, un giorno il bimbo trovò fra le pietre un bottone, che si era scucito dal bel vestitino di una bella bambina uccisa dalla polvere.
Il bottone brillava fra le pietre, rifletteva il sole che lo colpiva dall'alto del suo mezzogiorno con i suoi ghirigori, finemente riprodotti dal bottone, che fra la polvere sembrava anch'esso un piccolo sole sulla nuda terra arsa.
Il bimbo allora guardò con occhi pieni quel bottone, quella piccola luce nella desolazione della polvere.
Il bimbo prese in mano quel bottone, lo toccò, pieno di curiosità, e mistico stupore, e rispetto, e lussuria.
Il bimbo continuò a rimirare quel prezioso bottino fino al tramonto, e poi fino all'alba, immobile, lì dove lo aveva trovato.
Trascorse la notte pieno di avidità e di gelosia per quell'oggetto così splendido ed insignificante.
Decise di non mischiare mai il bottone ai piccoli cuori duri, ai fegati bruciati e ai sassi.
Stimò che il valore di quell'oggetto fosse inestimabile e lo ripose nel posto più sicuro che gli venne in mente, nella tasca dei pantaloncini sporchi e sgualciti che indossava e che crescevano con lui.
Il tempo passava inesorabile, il giorno e la notte, le lente stagioni, e poi gli anni, lasciando ogni cosa immutata.
Il bimbo continuava a mischiare cuori, fegati e pietre, i bambini continuavano a morire mangiando la polvere e il piccolo bottone invecchiava nei pantaloncini sporchi e sgualciti.
Il bimbo non conosceva la compagnia e non sentiva la solitudine.
La sua paura più grande era che la polvere inaridisse anche lo splendore di quel piccolo bottone.
Tanto era grande la sua paura che rinunciò a guardarlo per non tirarlo fuori dalla tasta, a favore di una più appagante sensazione, data dall'idea dell'eternità di quel piccolo oggetto tondo e dalla consapevolezza del possesso che su di esso esercitava.